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Marcello Marchesi, autore di sceneggiature


 

Mi accorgo di essere praticamente cresciuto con Marcello Marchesi. Certe sue invenzioni verbali, certi suoi slogan pubblicitari – «Basta la parola», «Il signore sì che se ne intende» – hanno accompagnato una generazione, ne hanno segnato il linguaggio collettivo. Eppure, stranamente, ricordo poco il personaggio in sé. Perché lo ricordo poco? Forse perché, nonostante le vistose apparizioni televisive, il ruolo che più gli si addiceva era quello di chi riesce a diffondere delle idee, dei pensieri pur restando fisicamente nell'ombra. Il che, sul piano mediatico, costituisce un bel paradosso.Noi ragazzi allevati in un certo mito dell'impegno – il Galileo di Brecht, il Gruppo '63, gli scritti di Arbasino – probabilmente Marchesi l'abbiamo anche un po' snobbato. Non abbiamo mai saputo come prenderlo. Era brillante, certo, ma lontanissimo dai nostri gusti, un po' troppo cabarettistico, molto dichiaratamente «borghese». In casa girava una copia del suo Essere o benessere, e ogni tanto andavo a spiarne qualche pagina quasi di nascosto. Se trovavo una battuta che mi divertiva – e la trovavo, il titolo stesso era a suo modo folgorante – non ero proprio sicuro che si potesse riderne. In questi giorni di celebrazioni per il centenario della nascita, mi rendo conto che uno dei grandi meriti di Marchesi è stato proprio, al di là di un sense of humour davvero bruciante, questo suo andare sottilmente controcorrente, questa vocazione a sottrarsi, anche coraggiosamente, va detto, alle mode culturali, ai dettami del momento. Non a caso certi suoi calembour quanto meno irriguardosi, come quello celebre sulla «borsa di stupro», danno ancora fastidio. Ma mai come ora avvertiamo il bisogno di figure in grado appunto di dare fastidio, di esprimere posizioni che oggi definiremmo «politicamente scorrette».Fuori dai canoni, bisogna ammetterlo, era la trovata stessa di presentarsi sui teleschermi travestito da «signore di mezza età», dedicando anzi un'intera trasmissione al riscatto di questa categoria bistrattata, in controtendenza rispetto a uno scorcio storico in cui già dominavano ideali giovanilistici. Rivederlo nelle immagini di allora, pingue, atticciato, col cappotto e il cappello, accanto a incantevoli soubrette, continua a dare la graffiante sensazione di una presenza argutamente fuori posto ...


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